lunedì 24 marzo 2014

fuga da Alprazolam - a Cracco gli partiva un embolo.






Stati ansiosi/depressivi e grosse situazioni del cazzo sono un mix potenzialmente devastante.
Questa, oltre ad essere il succo di due anni buoni della facoltà di psicologia, era una cosa che Foco sapeva molto bene e che rappresentava la sua paura primaria.
La possibilità di un crollo nervoso era probabile e gli si stava annunciando a colpi di tachicardia.
Cercò di ignorare la cosa e si incamminò lungo la strada e la città, sperando che muoversi potesse aiutarlo nel ritrovare la lucidità necessaria per affrontare la situazione. I fatti dicevano che era a migliaia di chilometri da casa, senza soldi e senza un posto dove andare. Dopo un chilometro e mille pensieri, tutto gli suggeriva di trovare il modo più veloce di tornare in Italia, ma l'idea gli dava un fastidio terribile. Era conscio che questo sarebbe stato un ennesimo fallimento, un'altro timbro sul libretto della sua incapacità di affrontare la vita, un libretto con troppe pagine già marchiate.
Ad un certo punto, una lingua familiare  lo strappò dai suoi pensieri, facendogli drizzare le orecchie. Era una coppia che guardava le vetrine di un negozio di gemme. 

"Ciao, siete italiani?"
"Si, perché?"
"Oh meno male! Mi chiamo Foco, sono arrivato oggi ma mi hanno rubato tutti i soldi, potete aiutarmi?"
"E come? Scusa, ma vai alla polizia,no? Poi loro magari ti portano all'ambasciata e ti fai rimpatriare, che cazzo ne so."
"Di dove siete?"
"Lei è bulgara, io sono toscano."
"Io sono umbro. Ragazzi, dài, aiutatemi, pagatemi un posto per dormire stanotte e poi  rimando tutto una volta in Italia. Mi serve un po' per organizzarmi."
"Ma chi ti conosce? Poi dove stiamo noi è tutto pieno...poi, scusa, ma che vuoi? Sono problemi tuoi, noi siamo in vacanza, domani ci spostiamo...è un problema, non posso farti niente, dài. Buona fortuna."

Il ragazzo, un tipo sovrappeso con gli occhiali e la camicia hawaiana, prese la bionda sotto braccio e si voltò. Mentre si allontanavano a passo svelto, Foco ebbe l'impressione che la ragazza stesse litigando con il suo accompagnatore.
La delusione diede un'altra accelerata al suo battito cardiaco. Ormai non era più tachicardia quella che sentiva, ma una specie di ritmo house che dalla gabbia toracica lo percuoteva fino al cervello.
Per inerzia ricominciò a camminare. Sentiva che lo sconforto stava avendo il sopravvento e ,con la testa vuota e l'ansia arrivata a livelli di guardia, vagò per la città per un bel po' di tempo. Lo sguardo fisso in terra e i passi incerti lo portarono a scontrarsi con qualcuno.

"Hey, are you drunk?"

Foco alzò lo sguardo per scusarsi e si ritrovò davanti una ragazza bionda alta quanto lui.

"Sorry... no, no...i'm only swimming in a sea of shit."
"Ahahahaha, i think it's not a good sea for swimming, the ocean is certainly better than it!"

La risata di lei fu vagamente alleviante, in quel momento aveva bisogno di tutto tranne che di un vaffanculo. Per scusarsi, Foco, la invitò a bere qualcosa, visto che si erano scontrati davanti ad un chiosco di bibite e proprio mentre lei stava per ordinare, e si stupì non poco quando lei accettò ,apparentemente, con piacere.
La ragazza si chiamava Zdenka, nel suo inglese scolastico, almeno quanto quello di Foco, si presentò e gli raccontò che era di Praga e che stava facendo un viaggio da sola iniziato quasi un mese prima.
Era carina, anche se di tratti spigolosi, e se ne andava in giro scalza e vestita solo di una minuscola gonna e di un top. 
Foco, dal canto suo, gli raccontò,non senza imbarazzo, le sue disgrazie. Il fatto che lei fosse in viaggio tranquillamente da tutto quel tempo mentre invece lui era in mezzo ai casini dopo nemmeno ventiquattro ore, di certo non influiva positivamente sulla sua autostima e pensò che anche agli occhi di lei non potesse sembrare niente di troppo diverso da un coglione.
Mentre lui si raffigurava mentalmente come un abitante di scrotolandia, Zdenka, lo sosprese con un'idea: lei lo poteva ospitare nella sua stanza affittata in una guest house e lui poteva ripagarla dividendo il taxi a sua disposizione per qualche visita nell'isola.
Per essere sicuro di aver capito bene, Foco, si fece rispiegare il concetto almeno tre volte e quando finalmente gli fu chiaro, la abbracciò quasi in lacrime.
Il piano aveva solo un piccolo problema, lei sarebbe rimasta in Sri Lanka solo altri dieci giorni, tempistica che cozzava coi tempi di rientro di Foco, ma era decisamente un bel passo avanti.
Zdenka gli parlò anche di un ristorante gestito da italiani, cosa che  lo interessò molto , tanto da chiederle di portarcelo subito.
Aveva trovato un posto per dormire, ma a quel punto doveva pensare anche a mantenersi e forse stavolta avrebbe trovato un po' di solidarietà patriottica. O, almeno, così sperava.
Lo " Spaghetti" era un ristorante all'aperto situato dalla parte della strada verso l'entroterra. Un giardino di terra battuta con palme e alberi, protetto da un muro di cinta in pietra, che ospitava una decina di tavoli abbastanza capienti da contenere una sessantina di coperti. I padroni dell'esercizio erano una coppia di romani, Paolo e Fabiola. 
Foco si presentò e raccontò la sua situazione.

"Ci dispiace, ma siamo al completo, qui da noi lavorano tutti cingalesi. Abbiamo un ragazzo giapponese che ci fa il sushi e al momento non ci serve nessuno. Però, dài, facciamo una cosa, vieni quando vuoi e mangi gratis. Basta che vieni prima che apriamo, però, che i tavoli sono quasi sempre pieni qui da noi.
Anzi, facciamolo da subito, che sono quasi le sette, che vi faccio portare?"

"Boh...una carbonara?"

Dieci minuti dopo, un ragazzo del posto, secco come uno stecco, si presentò con due piatti contenenti un ammasso di spaghetti incollati che nuotavano in un liquido giallastro con occasionali pezzi di quella che dovrebbe essere stata pancetta.
Il primo boccone fu sufficiente al palato di Foco per giudicare il piatto una vera cacata. 
 
"I love italian cooking!"
"A Zdé, ma che merda te magni de solito?"
"What?"
"Nothing..."

"Paolo, ma chi cucina?"
"I cingalesi, perché?"
"Voi avete cenato?"
"No, non ancora... ma che voi fa?"
"Niente, vorrei ringraziarvi per l'ospitalità facendovi un piatto di pasta. Dov'é la cucina?"
"Là in fondo...ma lascia perdere, non serve...poi..."
"È un piacere, tranquillo."

Senza lasciargli il tempo di dire altro, Foco si fiondò in cucina. Con grande sorpresa la trovò molto ben arredata e con tutto il necessario per cucinare. Aprì il frigo e ci trovò almeno due chili di pasta già cotta. Evidentemente ,ad ogni ordine ,veniva preso un ciuffo di pasta precotta che poi veniva ripassata in padella. Tra gli sguardi sorpresi dei cingalesi che lavoravano lì, Foco, accese il grosso bollitore della cucina a gas e si mise a cercare negli scaffali. Tirò fuori un chilo di spaghetti marca "Marco Polo", pepe, un formaggio stagionato che poteva assomigliare a parmigiano e dal frigo prese delle uova.
Non sperava di avere a disposizione del guanciale, ma non fu neanche deluso dalla pancetta trovata. Mentre sbatteva le uova, si accorse di essere osservato da un giapponese alto, magro e coi capelli tinti rosso fuoco.

"Hi, who are you?"
"The lord of pastasciutta, ciao bello."

Mentre buttava la pasta nell'acqua bollente, ignorò le proteste di un cingalese col cappello da cuoco che evidentemente bestemmiava indicando la pasta già cotta nel frigo aperto.
Pochi minuti dopo, lo zittì infilandogli in bocca una forchettata di pasta pronta, ricevendo in cambio un dondolamento di testa di assenso.

Foco uscì dalla cucina con sei piatti di pasta fumante in mano che apparecchiò al tavolo dei padroni del posto. Poi tornò al suo tavolo con due porzioni per lui e per Zdenka, che nel frattempo non aveva capito niente di quello che era successo.
Dieci minuti dopo, Paolo, venne a sedersi al suo tavolo con tre birre in mano.

"Certo che la faccia come il culo non ti manca, eh?"
"Diciamo che non mi mancano le motivazioni,oggi."
"Sai fare solo la carbonara?"
"È quella che mi viene peggio."
"Allora, da domani lavori per me. Oh, ti pago quello che pago ai cingalesi, quattro, cinque euro al giorno, che qui sono un ottimo stipendio. Tu, però, gli insegni a cucinare, in modo che ,se poi te ne vai, non è che rifanno quella pasta de merda. Qui ci vengono parecchi tedeschi e fino ad oggi m'andava bene, che tanto quelli sanno un cazzo, ma non vorrei che poi arriva un altro italiano stronzo come te e mi sputtana in Italia."
"Andata, ti ringrazio, cercherò di non fartene pentire."
"Speriamo. Col bar come sei messo? Coi cocktail?"
"Frequento i primi e faccio parecchio uso dei secondi."
"Allora, se vuoi arrotondare, ti faccio conoscere dei ragazzi che gestiscono un chioschetto sulla spiaggia, magari ci tiri fuori i soldi per le sigarette, quando stacchi da qui."
"Fammeli conoscere, fumo parecchio."

Ce lo portò Poddy, una specie di maître del ristorante. Poddy era iracheno, raccontò di essere scappato subito dopo la guerra del golfo e che aveva girato parecchio prima di stabilirsi in Sri Lanka. Sembrava un tipo simpatico e, da come guardava Zdenka, molto felice di non avere mogli a casa.
Il chiosco, o bar, come lo chiamavano i proprietari, era veramente sulla spiaggia, a pochi metri dall'oceano ed era poco più di un gazebo circolare di tronchi con un bancone di legno ed un tetto di foglie di palma. I proprietari erano giovani cingalesi coi capelli rasta poco più che adolescenti ,con il mito di Bob Marley ,che ,da due enormi casse ,facevano risuonare musica reggae dal tardo pomeriggio alle prime ore del mattino. Una cosa positiva era che si trovava a non più di trenta metri dalla guest house dove alloggiava Zdenka, che infatti conosceva già i giovani appassionati di cannabinoidi. Il posto, nonostante non fosse chissà cosa, era molto frequentato, soprattutto da giovani turisti, e il volume d'affari sembrava confermare il bisogno di un aiuto lavorativo. Senza troppe chiacchiere, i giovanotti invitarono Foco a darsi subito da fare. Raccolti gli ordini, mentre miscelava una tonica con vodka fabbricata in India, con l'oceano che restituiva l'immagine increspata di una luna quasi piena, Foco, ebbe la sensazione che il suo viaggio fosse appena iniziato.



domenica 2 marzo 2014

Elvis è morto, Hendrix è morto e anche io non mi sento tanto bene



Credo ci sia una sensazione che accomuna tutti quelli che, come me, hanno scelto di assecondare la propria passione per la musica spingendosi fino all'esibirsi in pubblico.
È una sensazione che nasce quando, al termine di un'esibizione in cui hai messo tutto il tuo bagaglio di energia, conoscenze, esibizionismo e passione, lanci il tuo "GRAZIEEEEEEEEEEEE" pieno di aspettative e scopri che non segue un cazzo per cui ringraziare. 
Silenzio.
O, al massimo, il brusio di discussioni che non si sono interrotte mai, neanche a causa del volume alto.
Tu stavi dimostrando a tutti che il demone del Rock si era manifestato lì e che probabilmente stava indossando le tue mutande e non se ne è accorto nessuno.
Feedback tendente allo zero per cento.
Qualcuno che alza al massimo lo sguardo e sembra stupito di vederti ,nonostante, fino a dieci secondi prima, tu gli abbia urlato nelle orecchie dimenandoti ,più o meno ,a tempo a due metri dal suo tavolo.
È una sensazione che prescinde dalla grandezza del posto o dell'evento e che fa sempre lo stesso effetto dal vago retrogusto di pupù. 
Per fare un esempio a chi non ha mai avuto a che fare con un microfono o con un palco: è come se dopo una prestazione sessuale che giudichi entrata di diritto nelle tua top ten, appena aver fatto mentalmente i complimenti al tuo armamentario riproduttivo, scopri che il tuo partner ha ,per tutto il tempo, seguito la puntata di " Distretto di polizia 8". 
Che magari poi era pure una replica.
Insomma, sono momenti del cazzo per le tue sicurezze.
Sei lì, sudato per l'emozione, l'adrenalina e le luci e davanti hai un muro d'indifferenza su cui si sono appena schiantate buona parte delle tue velleità artistiche.
Credetemi, svegliarsi nudi sul divano in mezzo ai tuoi parenti appena entrati in casa è meno imbarazzante ( tratto da una storia vera n.d.s.).
L'indifferenza è destabilizzante. 
Soprattutto se sai che hai dato il tuo massimo.
Perché ad un ritorno negativo sei preparato, rientra nel gioco e hai già una cartucciera piena di spiegazioni per quello.
Puoi buttarla sul fatto che la gente non capisce niente di musica, che sono solo il solito manipolo di ignoranti che non può apprezzare del buon rock per mancanza di basi e che magari vota pure Berlusconi.
Te la puoi prendere con l'acustica del locale, con l'impianto da pochi euro che non garantisce la fedeltà del suono, col fatto che c'era la Champions in televisione e, ma solo se sei composto al settanta per cento di acqua e al trenta di merda, con i componenti della band che sicuramente hanno suonato da schifo.
Insomma, per le critiche ti sei già premunito dei giusti vaccini fatti in casa.
Ma contro l'indifferenza hai meno anticorpi  di uno svizzero che beve ad una fontanella di Calcutta.
Quando non c'è risposta l'esibizionismo diventa un boomerang che ti ritorna in pieno sui denti ed il tuo bisogno di approvazione lascia lo status di "momentanea debolezza" per passare a quello di "angosciosa urgenza".
Sono secondi, forse minuti, ma in quel breve lasso di tempo riesci a pensare molto.
La prima cosa su cui rifletti  è come poter scappare a casa senza dare troppo nell'occhio, magari simulando un malore o premendo un pulsante dell'antincendio che è sempre troppo lontano.
Una volta , ricordo, m'incantai in una  rivalutazione mentale riguardante l'utilità delle bombe fumogene dei Ninja, quelle che le lanci in terra e - PUFF - coltre di fumo a coprire la fuga.
Pensi a come cazzo sei finito lì, tu che prima di cantare sotto la doccia facevi il giro della casa per assicurarti che non ci fosse nessuno. 
Tu che eri talmente timido che per farti fare la foto di scuola alle elementari, te la dovevano scattare a tradimento, come i reporter del National Geographic col rarissimo esemplare di marsupiale di turno.

Foco - Classe Terza b - Scuola elementare "Johnny Walker"

Cerchi di ricordarti il motivo che ti ha spinto a voler salire su un palco, denudarti così di fronte alla gente (figurativamente, quelle sono cose che faccio solo dopo certi capodanni) e di trovare quello per continuare a farlo per le seguenti due ore.
Sono momenti di ricerca interiore, di interrogativi del tipo: "Chi sono? Cosa faccio? L'invisibilità è un superpotere che ho in dotazione?".
Intanto  l'entusiasmo che prima della serata viaggiava al livello "mega erezione", adesso fatica ad arrivare a quello " barzottismo post-bidet".
Come si supera tutto questo e si va avanti?
Succede quasi sempre in maniera automatica.
Ormai sei lì e, non potendo dare fuoco al locale o picchiare tutti con la strato del chitarrista, passi al pezzo successivo.
Nel mio caso alternando le strofe a delle grosse sorsate di liquido fortemente alcoolico, che non influisce sull'autostima, magari, ma fa alle mie inibizioni quello che Rocco fa di solito alle giovani attricette ungheresi.
Segui la scaletta, ti senti molto meno "artista" e aspetti che l'ansia venga sodomizzata dal rum.
Per certi versi ritrovi, una volta eliminato il problema "pubblico",anche il gusto di suonare tanto per farlo.
E se poi, mentre lo fai, scorgi, in mezzo alla folla noncurante, una testa che si muove a tempo con la parte ritmica, ti concentri su quella, provando a regalare al suo possessore il meglio che sai fare. 
In cambio, il fortunato, sarà costretto a sorbirsi un dettagliato interrogatorio forzato sulle sue impressioni riguardo la serata.
Alla fine quella brutta sensazione non c'è più. 
L'hai spazzata via con la voglia di suonare comunque e una sapiente variazione del tuo tasso alcolemico.
Anche se poi sai che ricomparirà prima o poi, aspettandoti davanti ad un microfono per il solito braccio di ferro con quella che è la tua passione più vera.







domenica 9 febbraio 2014

fuga da Alprazolam - la sovrastimata sicurezza dell'infisso a battente




120 euro erano una bella fetta dei suoi miseri averi, ma Foco pensò che avere una guida a disposizione per tutta la durata del viaggio fosse una buona idea, considerando che era un malato psichico in un posto di cui aveva scoperto il nome della capitale solo leggendo la destinazione sul biglietto aereo, perdipiù a cinque ore di fuso orario da casa.
L'autista era un ometto grassottello sulla cinquantina con la faccia simpatica e un riporto da progetto approvato in comune.

"Ciao, i'm Foco, what's your name?"
"My name is Charlie, sir."

Mentre parlava, l'ometto, dondolava curiosamente la testa. Come cani pupazzo nelle macchine di qualche anno prima.

"Ma che c'hai? Ok, Charlie, non me lo ricorderò mai...i'll rename you "Coso"."
"No, sir, my name is Charlie. Charlie!"
"Ma che c'hai un problema al collo? Che cazzo te dondoli? Ok, Coso, let'go to the car."

La macchina era una Volkswagen "Passat" ,di una ventina d'anni circa, di un colore blu con delicate striature ruggine. Dal culo dell'auto spuntava un'antenna da baracchino storta e lunga una metrata e mezzo, mentre l'interno del lunotto e del parabrezza erano decorati da spiritose lucine tipo quelle dell'albero di Natale. Il cofano invece presentava un elegantissimo adesivo gigante che rappresentava un'aquila ad ali spiegate ritratta nel momento di ghermire un'ipotetica preda.
La visione del mezzo ricordò a Foco che era l'ora dell'ansiolitico.

"How many Kilometres for Hikkaduwa?"
"Oh, one hundred and fortyseven,sir."
"Centoquarantasette...two hours?"
"I hope, sir."
"Come "i hope"?"

L'impatto con lo stile di guida cingalese fu per Foco a dir poco traumatico, nonostante l'ansiolitico.
La prima cosa che notò fu il fatto che ,per i locali, la segnaletica orizzontale non era altro che un bizzarro ornamento sulla strada asfaltata. Destò curiosità anche la loro diffusa credenza che suonando il clacson praticamente senza soluzione di continuità, si potesse ovviare all'uso del pedale del freno.
Sballottato nel sedile posteriore come una parte di vodka nello shaker, Foco, poté vedere ben poco della città. Il fatto, poi, che Charlie ,per rispondere alle sue domande ,avesse l'abitudine di girarsi, lo convinse che era molto meglio che si facesse i cazzi suoi.

Dopo circa mezz'ora ,e almeno quattordici scampati disastri statali, erano fuori dalla capitale, su quella che la Lonely Planet identificava come la lunga strada litoranea che univa il nord dello Sri Lanka al sud. Una lunga vena d'asfalto che ricalcava il profilo occidentale dell'isola e che rappresentava la via di comunicazione principale del paese.
Oltre veniva sconsigliato di andare in quanto il paese era ancora nel pieno di un conflitto che vedeva come attori il governo e le Tigri Tamil. Tamil che, in pratica, detenevano poco meno della metà delle coste, quasi tutte ad est.
Il paesaggio urbano, fatto di palazzi, case e negozi che sembravano buttati lì un po' a caso, tra il grigio del cemento e i colori sgargianti degli addobbi e dei cartelloni pubblicitari, aveva lasciato spazio a muri di vegetazione selvaggiamente rigogliosa inframmezzati momentaneamente da piccoli villaggiucoli fatti perlopiù di baracche. Sui bordi della strada umanità povera ma dignitosa era intenta a lavorare, pascolare animali o semplicemente vivere la sua giornata.

Dopo un'ora e trequarti, però,del mare nemmeno una cartolina. Cosa strana per una strada costiera.

"Cos...Charlie, ma sei sicuro che la sai la strada? Are you shure we're going to Hikkaduwa?"
"Yes, sir, Hikkaduwa, sir."
"But, is this the quikest route?"
"Oooh, i hope sir?"
"Come "i hope" ?"


Dopo quattro ore di viaggio, Foco, era diventato un po' nervoso.

"Ma dove cazzo stiamo andando, a Coso? HOW MUCH FOR 'STA CAZZO DE HIKKADUWA?"
"Oh, another two hours,sir."
"TWO HURS? Ma che avemo imboccato un buco nero? Centoquarantasette chilometri in sei ore e perdipiù a tavoletta? Coso, tell me the truth, is the first time you go to Hikkaduwa?"
"Oh no, sir, noooo. Is the third at least!"

Il blister degli ansiolitici era diventato una grossa tentazione.

Dopo un'ora e mezza ,all'improvviso ,la vegetazione sulla destra della strada si aprì regalando una delle visioni più belle della vita di Foco. L'oceano saturava il panorama di un blu intenso, striato dal bianco della spuma formata da onde alte come non aveva mai visto, mentre Il cielo gli dava una continuità perfetta, abbassando solamente di poco la tonalità ma ampiandone , grazie alla luce di una giornata bellissima, la percezione della grandezza.
Foco si domenticò quasi all'istante della scomodità e della lunghezza del viaggio e fu pervaso da un senso di stupore e di benessere del quale lui, però, diede merito allo psicofarmaco.
Pochi chilometri dopo una continuità di case e costruzioni gli fece capire che erano arrivati. 
La prima cosa che fecero fu cercare una sistemazione per dormire. Dopo essere stati rimbalzati da almeno tre alberghi e quattro guest house, grazie alle indicazioni telefoniche a distanza dell'ufficietto di Colombo, trovarono una camera disponibile in un hotel dall'aspetto decisamente scalcinato.
La tariffa giornaliera era di 900 rupie cingalesi e, considerando di allora diceva che un euro valeva quasi centocinquanta rupie, Foco la trovò ottima. Almeno gli garantiva due pasti al giorno e le sigarette.
Charlie si congedò, sempre dondolando la testa, e gli lasciò il numero da chiamare in qualsiasi momento avesse deciso di spostarsi. Decisione che andava pianificata bene, pensò Foco, visti i tempi di tragitto del tassista.
Salutata la guida, si fece consegnare le chiavi della stanza e ne prese possesso.
L'impressione che ne ebbe superava di gran lunga le aspettative, fuorviate dall'esterno fatiscente dell'albergo.
La camera era spaziosa e pulita, con un enorme letto in legno al centro coperto da una zanzariera che scendeva dal soffitto a mo di tenda da circo. Un enorme porta-finestra protetta da persiane apriva lo sguardo ad una vista bellissima sull'oceano, che in pratica distava poche decine di metri. Era al piano terra e ,appena fuori, un giardinetto con tavolino sotto le palme da cocco prometteva colazioni rilassanti e dopo-sbornia rigeneranti. Un bagno spartano ma con doccia ricordò a Foco che non si lavava da quasi un giorno.
Fresco di doccia si rilassò sull'enorme letto fino a quando lo stomaco non gli fece notare che era vuoto da troppo tempo. Prese una ventina di euro dal marsupio, si infilò una delle tre magliette sdrucite che portava nello zaino ed uscì a scoprire la città. 
Da buon italiano preferì non lasciare la chiave in reception, decidendo di portarla via anche se l'enorme portachiavi di legno a forma di tonno era decisamente ingombrante.

Hikkaduwa si presentò come una città che viveva attorno alla strada principale. Dal lato del mare si ergevano perlopiù hotel e negozietti, mentre il lato opposto, quello che sembrava poi sparire tra le vegetazione semi-giunglesca, alternava bancarelle ad abitazioni, gest house e uffici più o meno pubblici. Gli alberghi erano per qualsiasi tasca, dai resort per turisti facoltosi a poco attraenti ammassi di legno e cemento dall'aria instabile che sembravano brulicare di ragazzi con lo zaino.
I negozietti locali erano perlopiù baracche dove veniva venduto praticamente di tutto. C'era chi offriva il meglio della frutta locale, chi per poche rupie ti faceva una camicia secondo la moda del posto su misura e per pochi spiccioli, chi aveva un pò di tutto, dagli alimentari alle pinne da sub. La cosa che colpì più Foco fu il gran numero di venditori di "gems", gemme preziose, praticamente presenti dappertutto.
Decise di cambiare i venti euro in moneta locale e lo fece in una specie di capanna su cui era affissa una tavola di legno con scritto "Change". La capanna sull'esterno, fatto di tavole vecchie e quasi schiodate, presentava anche un bancomat. Mentre Foco ragionava sulla felicità che avrebbe creato tra la comunità dei ladri italiani uno sportello del genere, l'ometto all'interno di quello strano ufficio cambi inforcò un paio di occhialetti e dopo un rapido calcolo con una calcolatrice di quelle col rotolo di carta, trasformò i venti euro in un mazzo di coloratissime banconote alto almeno tre centimetri.
In un chioschetto gestito da una vecchissima signora, Foco, placò la fame con una specie di piadina poco cotta ripiena di carne di pollo e spezie piccantissime. Il Roti, il nome della pietanza, gli costò l'equivalente di trenta centesimi di euro e gli sembrò delizioso. 
La via principale era molto affollata, tra i locali spuntavano grosse macchie di rosa pallido, costituite da turisti tedeschi dall'aria piuttosto anziana, giovanissimi branchi di inglesi e australiani riconoscibili per la muta da surf. C'erano anche diversi giapponesi, ma di italiani neanche l'ombra.
Scese verso la spiaggia sorseggiando una "Lion beer" ghiacciata e si fermò a bearsi di quel paesaggio. La sabbia era gialla, finissima e compatta, le palme regalavano angoli in cui potersi riparare per un po' dai quaranta gradi che la stagione regalava. L'oceano riempiva gli occhi e le sue onde portavano in groppa decine di ragazzi con la tavola. La barriera corallina, in alcuni punti, iniziava pochi metri dopo il bagnasciuga, rappresentando una manna per gli amanti dello snorkeling ed un pericolo per chi si avventurava senza scarpe sulle sue zone morte.
Foco pensò che sfuggendo dall'inferno, per una botta assurda di culo, fosse capitato in paradiso.

Dopo un paio d'ore, però, la stanchezza di un viaggio così lungo si presentò a chiedere il conto e decise di tornare in albergo per riposare almeno fino all'ora di cena.
Infilò la chiave, aprì la porta della camera e si accorse che qualcosa non quadrava.
C'era molta più luce di prima ed entrava anche la brezza marina. Andò per chiudere la persiana, che ricordava già chiusa, e si accorse che era fuori dai cardini. 
Subito il cuore si mise in modalità tachicardia. Corse verso il letto dove aveva lasciato in bella vista il marsupio e si rese conto della merda che lo stava per sommergere.
Gli psicofarmaci ed il passaporto erano ancora lì, ma dei soldi nemmeno l'ombra. 
Rivoltò lo zaino per vedere se si fosse magari dimenticato di averli spostati, ma non l'aveva fatto.
Rubati.
Qualcuno aveva raggiunto dalla spiaggia la sua camera al piano terra e ,dopo aver divelto senza fatica la persiana, aveva portato via solo quello che gli interessava. E ,considerando che uno stipendio medio cingalese era ,all'epoca, di circa sessanta euro al mese, si era assicurato un discreto sussidio per un bel po'.
Dopo una decina di minuti di un terrore paralizzante, Foco sentì montare una rabbia violenta.
Si fiondò urlando nella reception e investì il gestore dell'albergo di insulti misti italiano/anglofoni.
Quattro ragazzi del personale dell'albergo, richiamati dalle urla, accorsero subito in aiuto del titolare e bloccarono di forza l'esagitato italiano. Quando la calma fu riportata aldisotto del livello di guardia, Foco ,spiegò ringhiando l'accaduto e tutti e sei si diressero verso la camera.
Esaminati i fatti, il gestore dell'albergo espose la sua verità:  si era inventato tutto perché non aveva mai avuto soldi con sé. Elaborato l'incerto inglese del cingalese, Foco sentì il sangue diventare lava la certezza delle conseguenze non lo aiutò certo a calmarsi.
Prese l'uomo per il collo e lo scaraventò sul letto per poi avventarglisi addosso. La zanzariera si staccò con tutto il gancio dal soffitto imprigionando i due come due tonni nella rete. Non riuscendo a separarli i ragazzi corsero a chiedere aiuto e dopo cinque minuti nella stanza c'erano più di dieci persone. Riuscirono con fatica a strappare via l'incazzato turista e lo bloccarono su un'angolo della stanza. Intanto il gestore ormai liberato gli urlava contro in lingua madre e due inservienti gli riempivano lo zaino con le sue cose.
Dopo una manciata di minuti, Foco, fu buttato a spintoni in strada insieme alle sue cose. Sei persone si fermarono davanti alla porta per impedirgli di rientrare, mentre attorno all'entrata dell'hotel si era formato un capannello di turisti e locali curiosi.
Foco esplose in un paio di ultimi "fuck off" misti a bestemmie e poi crollò seduto sul ciglio della strada opposto all'hotel. Le mani nei capelli, qualche  migliaio di rupie in tasca e nessuna idea di cosa sarebbe stato di lui di lì ad un'ora.
Prese dal marsupio il blister degli ansiolitici, ne tirò fuori uno e ,dopo averlo osservato per cinque minuti buoni, lo scagliò verso il lato opposto della strada.

lunedì 3 febbraio 2014

fuga da Alprazolam - il volo










L'idea del viaggio fece passare le feste natalizie senza grosse paranoie e anche piuttosto velocemente.
Il giorno della partenza arrivò quasi all'improvviso e davanti al terminal 3 Foco si rese conto di non essersi minimamente informato su cosa l'aspettasse alla fine di dodici lunghe ore di volo. Si, aveva letto da qualche parte che lo Sri Lanka era la vecchia Ceylon, quella lacrima di terra appena sotto l'India, ma , a parte questo, per quello che ne sapeva poteva pure atterrare a Paperopoli.
Confidò nella Lonely Planet , mai aperta, che aveva comprato il giorno in cui fece il biglietto, prese un ansiolitico e cercò di non dar peso a quella lieve tensione che sembrava risalirgli dalla spina dorsale fino alla base del collo.
Una cosa la sapeva: c'era il mare. 
Cosa che, essendo lo Sri Lanka sostanzialmente un'isola, gli era parsa subito molto probabile.
Questa solitaria ma importantissima informazione lo aiutò nella scelta del vestiario per il viaggio.
Nello zaino, gentilmente messo a disposizione dal cognato, Foco aveva messo nell'ordine:
Un costume
Cinque paia di mutande
Due asciugamani
Tre T-shirt vecchie ma a cui era molto affezionato
I jeans, le Nike e una maglia della Francia che indossava completavano l'argomento vestiti.
Il resto del bagaglio si riduceva ad un marsupio in cui teneva i preziosissimi psicofarmaci, due pacchetti di Gauloises, un flaconcino d'Amuchina ( che non si sa mai), passaporto e il portafoglio con la ragguardevole cifra di 400 euro.
Insomma, tutto il necessario per un viaggio di quasi un mese in un posto a 7600 chilometri di distanza da casa.
S'imbarcò su un aereo della Kuwait Airlines che era già pomeriggio. I passeggeri gli sembrarono quasi tutti stranieri, perlopiù asiatici e mediorientali, e pensò che fosse tutta gente che tornava a casa approfittando delle tariffe basse post-festività. L'undici settembre e le torri gemelle erano un ricordo ancora molto fresco, ma il fatto che si andasse da occidente verso oriente era un buon motivo per stare relativamente sereni. Vicino a lui, dalla parte del finestrino, sedeva un indiano che non sembrava particolarmente a suo agio. In mano aveva una serie di statuine, tra cui un piccolo Ganesh, che toccava e baciava di continuo cantilenando in un presumibile hindi. 
Al momento di allacciare le cinture il poveraccio si buttò all'indietro artigliando i braccioli e durante la fase di rullaggio il suo viso perse il suo colore standard marroncino/olivastro a favore di un beige/verdino.
Il decollo gli fu fatale ed il suo stomaco decise per un rilascio di tutto il suo contenuto. 
Foco non lesse mai la prima pagina della Gazzetta dello Sport acquistata al duty free. 

"Sorry, sir! I'm very, very sorry!"
" De niente, indià, tanto della Fiorentina non scrivono mai un cazzo...tiè, magnate una gomma però!"

La prima parte del volo pareva lunghissima. I film a disposizione erano solo in lingua originale e Foco non riusciva a concentrarsi nella visione, un po' per il pensiero del viaggio, un po' perché ad ogni piccola scossetta del volo il suo vicino scattava scompostamente come un gatto ad una mostra canina. Provò a chiedere un alcolico alle hostess, ma gentilmente gli fecero capire che non si poteva andare più in là di una coca o di aranciata. Provò a vedere se in prima classe magari era avanzato del whisky, ma poco gentilmente gli fecero capire che aveva pagato al massimo per la coca o per l'aranciata. La noia fu interrotta dalla cena, una luculliana cacatina di carne di pollo o di agnello con mini dessert in vassoietti di plastica, e da una breve turbolenza che ebbe sul vicino indiano un effetto lassativo con l'aggravante delle cinture obbligatoriamente allacciate.

"Sorrysorrysorrysorrysorry,sir!"
"De niente, indià, è un piacere viaggià con te...quando te vuoi rifà un giretto chiamame ,me raccomando...(vaffanculo)"

Poi dal bel mezzo di un nulla giallo ocra fatto di sabbia e pozzi di petrolio, apparve l'aereporto del Kuwait.
Lo scalo durò un paio d'ore. L'aereporto di Kuwait City era veramente brutto, piastrellato come un ospedale e anonimo nei negozi e nella struttura. Foco pensò che fosse stato rifatto in fretta e furia dopo la guerra del Golfo e che avessero badato alla funzionalità invece che ad uno sfarzo da paese ricco. La cosa positiva era che si poteva fumare e dopo ore senza nicotina quella era veramente una gran notizia. Il tempo di prendere un caffè ristretto all'italiana del costo di una bistecca di chianina, di cercare inutilmente qualsiasi forma di quotidiano italiano e di espletare qualche funzioncina corporale ed era già ora di reimbarcarsi.
Al check in una voce dietro di lui fece rabbrividire Foco.

"Siiiir! Siiiiiiiiiir! We're togheter again, sir!"
"Indià, evatteneaffaculo! Poliziò, that man io penso is a terrorist, vedi di arrest him!"

Fortunatamente il volo per lo Sri Lanka era quasi vuoto e Foco poté trovarsi  una coppia di posti liberi tutti per lui e a metri di distanza da qualsiasi indiano. Sul volo conobbe una coppietta di Bologna in viaggio di nozze con lo zaino. Armati di santa pazienza gli diedero qualche informazione su cosa ci fosse alla fine di quel volo. A sentire i due lo Sri Lanka era un paradiso con spiagge bellissime ed un entroterra dolce e popolato da persone gentili.
Foco pensò che aveva avuto un gran culo, se fosse stato un posto di merda non sarebbero stati venticinque giorni facili.
Il volo, tra qualche oretta di sonno e le chiacchiere con la coppietta, filò in maniera gradevole. Prima di scendere le hostess consegnarono a tutti un cartoncino informativo sulle leggi dello Sri Lanka da leggere e da firmare. Foco, in particolare, fu colpito dalla punizione riservata per chi veniva beccato a far uso o a vendere droga o a chi sfruttava o si serviva della prostituzione. Per questi casi la pena contemplata era quella di morte. Dopo aver riletto quattro volte per essere sicuro di aver ben interpretato lo scritto, Foco ragionò sul fatto che i cingalesi ,per essere gente gentile, quando si incazzavano, si incazzavano per bene.
Una volta sbarcati, i bolognesi si accommiatarono ricordando a Foco piu volte il numero dell'ambasciata italiana, mentre lui non ebbe il coraggio di invitarli a fare una parte del viaggio insieme.
L'aereoporto di Colombo faceva quasi tenerezza per quanto era piccolo e scarno. Ricordava più una stazione della metro di Roma.  Appena fuori una mandria di guidatori di tuk tuk assaliva i turisti cercando un'esclusiva per il trasporto in città. Gli argomenti per convincere i turisti maschi erano infarciti di "to fuck", "smoke", "joint" e "young hot girls". Il ricordo ancora fresco del cartoncino firmato in aereo ,però, pareva ancora fare effetto su quasi tutti.  Colombo non sembrava un granché, perlomeno in quella parte della città. Era mattina presto ma il traffico era già caotico. Gli alberi che spuntavano tra le case erano pieni di corvi gracchianti. Centinaia di corvi. Milioni di corvi.
Un piccolo ufficietto turistico sembrò una buona idea per orientarsi in quel mondo sconosciuto, la coppietta aveva parlato di un bel posto sull'oceano. Dopo mezz'ora nell'ufficio, Foco ne uscì con un contratto: per 120 euro aveva a disposizione un taxi che l'avrebbe portato in qualsiasi posto avesse voluto visitare per tutta la durata del viaggio. La prima tappa era la città di cui gli avevano parlato i bolognesi : Hikkaduwa.

domenica 19 gennaio 2014

fuga da Alprazolam







Nel duemilaqualcosa il giovane Foco era in uno strano periodo della sua vita. La diagnosi dello psicologo del servizio d'igiene mentale parlava di "depressione maggiore di secondo grado", secondo lui gli era semplicemente imploso il cervello.
Depressione. È quello stato che solamente il cinque per cento delle persone che conosci identifica come malattia, percentuale in cui puoi ritrovare i tuoi genitori e tutti quelli che ti vogliono veramente bene. Il restante novantacinque per cento è indeciso se sei un paraculo che non c'ha voglia di lavorare, un probabile tossico/alcolista, o tutte e due le cose. Di fatto non riusciva più a vivere una vita normale, non dormiva, mangiava poco e a forza e nei momenti di massimo buonumore si interrogava sui benefici che avesse potuto arrecargli l'attraversare l'autostrada bendato. La situazione si protraeva già da parecchi mesi ed il giovanotto, notando che non se ne usciva, cominciò a pensare che forse le pillole magiche che il servizio sanitario nazionale gli elargiva in maniera copiosa non bastavano. Non bastava neanche la cura omeopatica di rinforzo che si era auto prescritto , perlopiù a base di derivati naturali del luppolo e di malti vari, che, anzi, aveva avuto qualche fastidioso effetto collaterale sul parco macchine di famiglia.
Foco cominciava ad averne le palle piene di star male e subodorava una certa stanchezza anche nelle persone che aveva intorno.
Bisognava darsi una scossa, trovare una soluzione.
E al più presto. 
Si avvicinavano le feste natalizie e questo aumentava l'urgenza, una ricorrenza in cui tutti sembrano e devono trasudare pace e felicità, per un depresso è urticante come un perizoma di juta per uno che ha un herpes genitalis. 
Il pericolo incombente lo portò a partorire la più classica delle risposte: la fuga.
Scappare.
Fuggire da tutto,con la speranza ,magari, di lasciare indietro anche se stessi.
Niente di geniale come trovata, ma quando hai metà neuroni impastati di psicofarmaci e l'altra metà in pieno oktoberfest non è che ti puoi permettere di fare lo schizzinoso.
Certo la cosa andava studiata nei dettagli, non si poteva mica lasciare tutto in mano al caso.
Pochi minuti dopo aver elaborato il piano Foco era già dentro un'agenzia viaggi.

"Buongiorno, vorrei un biglietto aereo per il posto più lontano da qui"
"Salve, c'erano prima di lei almeno quattro persone"
"Scusate, faccio la fila. Bello il cane, è un Jack Russel? Scusate ancora."

Un paio d'ore dopo aver elaborato il piano Foco era ancora dentro l'agenzia viaggi.

"Adesso tocca a lei, diceva?"
"Si, ecco, vorrei un biglietto aereo per il posto più lontano da qui"
"Bene, la Nuova Zelanda...biglietto in economica di andata e ritorno...partenza prima possibile...sono 2200 euro."

La cifra purtroppo cozzava col fatto che il giovanotto aveva già sventrato un paio di carte di credito credendo che il suo stato mentale si potesse migliorare a colpi di shopping insensato ma costante.
 È incredibile come butti via i soldi quando ti ritrovi nella scatola cranica qualcosa che ha le stesse facoltà cognitive di un uno yogurt scaduto.
 Di quei momenti di pazzia spendereccia gli rimanevano un tatuaggio fatto a cazzo da un parrucchiere costato come una rata della macchina, due paia di jeans all'ultima moda che gli scoprivano il culo e gli comprimevano il pacco probabilmente impedendogli una futura paternità, una giacca di pelle tamarra ma cara come se la pelle fosse stata di triceratopo e una quantità di altre cose inutili che però lo avevano aiutato a passare dallo status di "indebitato" a quello di  "indebitato abbestia".

"Ehmm, qualcosa di meno lontano? Vorrei un posto esotico, poco battuto."
"Ci sarebbe lo Sri Lanka. 800 euro. È un'isol..."
"Perfetto, non sò neanche dove sta, lo prendo."
"È sicuro? Solo il biglietto? Magari posso trov..."
"No, va bene. Mi vede se c'è ancora credito su questa carta?"

Era fatta. Biglietto aereo per lo Sri Lanka, partenza tra capodanno e l'epifania.
Venticinque giorni lontano da tutto in un posto che neanche conosceva.
Da solo.
Probabilmente senza soldi.
Sicuramente con tutti i suoi cazzi ancora appresso.
Tutto ad un tratto il piano gli parve un po' più complicato di come gli era sembrato all'inizio.

continua?

sabato 18 gennaio 2014

il bagno penale non è una forma di pulizia intima ( edizione economica)

Il seguente pezzo è frutto di una collaborazione con l'amico Pollock e con il suo blog. I personaggi che vengono menzionati non sono altro che alcuni degli amici che compongono quell'allegra ciurma di innamorati folli di calcio e Fiorentina che contribuiscono a fare della " Riblogghita" uno dei blog più interessanti, ricchi e stimolanti del panorama web italiano. Posto il pezzo in rigorosa differita.






Casa circondariale - braccio C

14 marzo 2015

Caro Pollock, come va?
Io comincio finalmente ad abituarmi all'ambiente, almeno per quello che è possibile.
Dicono tutti così, lo so, ma ancora non mi spiego come mai sono finito qui dentro. Insomma, capisco che quella si sia spaventata a morte, ma l'errore è stato suo, se entri in un posto con un insegna a caratteri cubitali che recita : "Da Foco, barbiere per signora", che cazzo ti aspetti che ti facciano? Invece quella stronza pensava alla permanente e alla tinta e mi ha denunciato. Così addio attività appena aperta e gabbio per tentata violenza con l'aggravante di uso di rasoio e forbici.
Bah! La gente non ci sta più con la testa, non trovi?
Non so se lo sai, ma sono stato raggiunto qui al braccio C da alcune nostre conoscenze.
Per primo è arrivato il Colonnello Blimp. Beh, diciamo che per lui era una fine abbastanza preventivabile, visto che collezionava querele come le figurine Panini. Però mi ha detto che è finito dentro per altro, di cosa si tratta non l'ha voluto specificare, è stato molto evasivo. I secondini dicevano tra loro che abbia effettuato un maxi furto di viagra in una nota farmacia di Firenze. Pare che quando l'hanno arrestato ripetesse urlando continuamente : "Ora 'un ti pieghi, eh?", però non si è capito con chi l'avesse.
Lui non la sta prendendo bene. Sono giorni che non parla altro che in francese. È lì, in piedi sulla branda ,con la mano nella camicia sul petto che farfuglia di una possibile invasione della Russia. Sono un po' preoccupato per lui. Come avvocato aveva Antoine Rouge, ma quando hanno scoperto che era implicato in un attentato in un Mc Donald's, gli hanno tolto l'abilitazione. Per un periodo Blimp si era ripreso perché ci aveva raggiunto in carcere Jordan. Ah, lo sai? È qui anche lui. Non so se hai sentito dell'aggressione in tribuna stampa al Guetta. Beh, è stato lui. È successo tutto quando Guetta dopo un'uscita a vuoto di Neto gli ha urlato del somaro. Jordan l'ha sentito e l'ha massacrato a colpi di capoeira.
Con lui per un periodo è andato tutto liscio, parlava di calcio coi secondini che gli portavano anche un certo rispetto. Poi un giorno un secondino nuovo gli ha cominciato a dire che Cuadrado era un attaccante da 4-3-3 ed è cambiato. Quando il poveraccio gli ha confidato di essere di vicino Viareggio, Jordan gli è saltato addosso e gli ha mangiato un orecchio e il naso. Adesso dicono che è rinchiuso in un cella come quella di Hannibal Lecter.
Che Vitalogy era già dentro quando sono arrivato te l'ho mai detto? Non parliamo molto con lui, è molto chiuso. Credo che gli abbiano fatto qualcosa di terribile nelle docce. Non so nemmeno per cosa sia dentro, sta sempre sulle sue. Quando è riuscito a farsi spedire un martellino per scolpire la roccia ho pensato che stesse architettando un'evasione come nel film "Le ali della libertà", poi, invece, sono andato a trovarlo e ho scoperto che con il martellino e la roccia si era scolpito gli ometti del Subbuteo. Pare che si faccia ore e ore di partite col suo compagno di cella. Cosa si giochino non lo so, ma una volta mi è venuto a chiedere se avevo della vaselina e quando gli ho chiesto per cosa gli serviva, mi ha detto solo, con una faccia da funerale, che aveva perso.
Insomma qui, grosso modo, va tutto bene. Quello che mi scoccia è che sono rinchiuso mentre là fuori la Viola sta vincendo lo scudetto. Che fosse il blog il problema?
Adesso ti saluto.
Alla prossima Pollock.

Foco.






Casa circondariale Moira Orfei - Braccio G come gesto dell’ombrello

13 maggio 2016 (le poste in carcere vanno più lente delle querele)


Come va una sega! Oh Foco ma che mi pigli per il culo? Menomale lo scudetto della Fiorentina. Rinaudo è retrocesso nel braccio B.
Come faccio ad abituarmi, sono in cella con Il Chiarificatore e già questo di per se non è una bella cosa, e come se non bastasse è pure incattivito dopo che la sua frode alimentare preferita è stata scoperta.
Oggi è cosciente che il suo impero economico è crollato e se la rifà con i suoi compagni di cella, io e il Sopravvissuto. Sai cosa faceva prima che lo beccassero? Raccoglieva le ghiande che si danno ai maiali e le verniciava trasformandole in olive taggiasche che poi commercializzava in America, "Tanto sanno un cazzo loro delle olive taggiasche" così mi racconta tutte le sere che Dio mette in terra, fino a quando l'importatore non ha assunto Alan, un ragazzone del Colorado il cui nonno era nativo di Savona.
Ogni tanto i parenti che nel frattempo stanno finendo tutte le sue fortune gli mandano un po' di Pigato, e solo la domenica si sente in dovere di offrircene un bicchiere che io faccio finta di bere e poi metto tutto insieme in un vecchio fiasco che uso anche per il brodo di trippa.
Quando poi ce n'è abbastanza mi ci lavo i piedi. Funziona meglio della pietra pomice.
Per me è un inferno Foco, erano meglio i post di Ludwigzaller, il Chiarificatore ha messo il poster di Renzi e il Sopravvissuto quello di Almirante, a me chiedono chi preferisco e quando gli dico Mastella perché è amico di Diego Della Valle mi sputano in faccia tutto il loro disprezzo compreso anche qualche ghianda che il Chiari si ostina a definire noccioli di olive taggiasche, perché lui si dichiara innocente. Il Sopra è dentro perché pur di far credere ai vicini di avere la servitù di colore pitturava di nero i nanetti del giardino e li muoveva con i fili come si faceva da ragazzi con lo scherzo del portafoglio. E' stato denunciato proprio dal Chiarificatore perché la vernice era la stessa che usava lui per le olive taggiasche.
Foco, salutami tanto il Colonnello e chiedigli se Jingle Bells era lui, fammi sapere se il francobollo che hai usato per la lettera te l'ha prestato lui, a me sembra egiziano. Salutami Jordan e digli che il mio blog non è un albergo.
A te che dire, visto che sono sempre stato una persona sincera, posso dirti che le cascate delle Marmore mi hanno sempre fatto cacare.
Se proprio non puoi farne a meno riscrivimi pure.
Il Chiarificatore invece mi dice di dirti che il tuo blog gli fa schifo come Iakovenko.

Intanto mi sono fatto tatuare la querela su un polpaccio..

Pollock

sabato 14 dicembre 2013

radio Foco - quel pomeriggio di un giorno da grunge

Pearl Jam - Jeremy



Blind Melon - No rain



Counting Crows- Mr. Jones


Robert Plant -29 Palms


Faith No More- Easy (like sunday morning)



Temple Of The Dog - Hunger Strike


enjoy.








quel pomeriggio di un giorno da grunge (terza e ultima parte)




Facciamo un quarto d'ora di una fila da mensa dei poveri per dilapidare gran parte di quel poco che abbiamo in quattro - birre - quattro. Io, Ferro e Kurt ci accontentiamo di semplici Peroni, mentre Vipera, di gusti inflessibili, non rinuncia alla sua birra preferita.
- Una C.
- Una Ccccc.
- Una Ccccèèèè...
- UnAdelscott.

Sorseggiamo le nostre costosissime birre continuando a lanciare sguardi carichi di fastidio e di disgusto random, poi io e Kurt ci accorgiamo che tre ragazze  sembrano fissarci. Cerchiamo di non ricambiare  e nel frattempo mettiamo in mostra tutto il nostro campionario di espressioni facciali da belli e dannati, sembrando probabilmente solamente costipati.
 Buttiamo un occhio e loro sono ancora lì che parlottano con il mirino sempre puntato nella nostra direzione.
 Io e Kurt ci scambiamo un sorrisetto compiaciuto a cui si unisce Ferro, completamente ignaro del motivo ma forse in un momento di empatia occasionale.
Le tre si fanno coraggio e vengono verso di noi.
Io cerco di trovare una frase d'approccio che possa fulminarle, Kurt si allunga in posizione plastica coi gomiti sul bancone, Ferro ci avverte che tre ragazze ci stanno guardando e Vipera sembra stia balbettando anche mentalmente.
Mi appresto emettere un dannatissimo "ciao" ma una di loro mi brucia sul tempo.

- A regà, che c'avete der fumo da vende?
- Eh?
- Fumo. Ce lo vendete un po'?
- No, non ce l'abbiamo. Non c'abbiamo niente.
- Daje, solo un pezzetto. Magari ce l'annamo a fumà insieme in pineta.
- No, veramente, non ce l'abbiamo fumo.
- Ah, vabbè, scusate, è che  sembrate veramente quattro fattoni (risata),pensavamo d'annà a botta sicura .Allora come non detto. Ciao.

Ci hanno girato le spalle già da un po' e io sono ancora lì impietrito nella stessa posizione con cui le avevo accolte,ancora armato del mio miglior sorriso seccatomisi in faccia. Kurt , intanto, sul bancone sembra una malriuscita copia della "Pietà" di Michelangelo senza la Madonna, Ferro ha un chiaro "sticazzi" scritto coi muscoli del viso  e Vipera è impegnato in un maldestro tentativo di autoinglobarsi nell'intonaco di una parete.
Cinque minuti di silenzio e poi conveniamo che si trattava solamente di tre ragazze superficiali, probabilmente anche un po' mignotte, che , per ovvie mancanze intellettive, non sanno distinguere  un tossico da un giovane che rifiuta di confondersi con la massa beota di cui fanno parte. 
Ci rassicuriamo a vicenda sul fatto che non sembriamo minimamente dei tossicodipendenti ma che ,anzi, potremmo essere scambiati tranquillamente per giovani di Seattle, scartavetriamo Vipera dal muro e decidiamo che la parentesi "gita di Pasquetta" può tranquillamente avviarsi verso la sua conclusione.

Prima di risalire in macchina salutiamo il lago e le sue sponde con un dito medio di gruppo, cosa che però viene equivocata da un piccolo branco di ragazzi a una ventina di metri. Restii a dare spiegazioni, saliamo subito in macchina, atteggiamento che  pare confermare al gruppetto l'idea che il gesto fosse destinato a loro, e che li convince a correre verso di noi. Vipera mette in moto e parte a razzo mentre tre di loro arrivano a scalciare la parte posteriore della macchina. Riusciamo ad uscire dall'intrigo di automobili e a schizzare verso la strada principale tra cazzotti sul lunotto  e calci al parafanghi. Dai finestrini passano le urla degli inseguitori, tra le quali si distingue chiaramente un "brutti tossici de merda".

Per non incappare nella massa che ritorna, e quindi in una fila tipo quella dell'andata, stabiliamo di prendere delle strade interne meno trafficate.

Il silenzio che fa da colonna sonora al nostro ritorno a casa viene improvvisamente rotto da Vipera in maniera decisamente allarmata:

- I CA.
- I CAAA.
- I CAAAAAAA.

Davanti a noi , ad un centinaio di metri, il nemico naturale dei giovani alternativi e anticonformisti: il posto di blocco dei carabinieri.
E noi gli stiamo andando proprio incontro.
Nonostante non abbiamo nessun motivo per cui essere preoccupati, parte la ricerca visiva per individuare incroci da imboccare per evitare l'incontro. Purtroppo la cosa si rivela essere vana, visto che non c'è nessun incrocio o stradina se non metri dopo la posizione occupata dai carabinieri stessi.
In uno stato di immotivata ma ancestrale tensione proseguiamo dritti e ognuno di noi cerca di trovare il modo per non risultare un obiettivo che possa destare il loro interesse.
A trenta metri dal posto di blocco, Kurt pare cercare di farsi un'improbabile riga da una parte sui capelli, Ferro si produce nella solita faccia inespressiva, Vipera spegne la radio ed abbozza un sorriso da bravo ragazzo che lo fa sembrare più un trans con una paresi ed io faccio finta di leggere con interesse il libretto d'istruzioni dell'auto. Al contrario.

Tutto vanificato dalla paletta che ci viene sventolata davanti.

- B. Bbbb. Bbbuóóóó. (buonasera n.d.s.)
- Scendete dall'auto per favore.

Scendiamo.

- Biondo, dammi i dicumenti ,va. Vi stavamo aspettando, sapete?
- Eh?
- Lo sapevamo che passavate da queste parti.
- Ma noi?
- Brigadié, questi fanno i finti tonti. Forza, non ci fate perdere tempo, dove ce l'avete?
- Ma che?
- L'erba, che? Lo sappiamo che ce l'avete, c'hanno avvisato che passavate, sappiamo tutto.
- Ma...ma...chi v'ha avvisato? Noi non c'abbiamo niente.
- Sssss. S. Ssssssssssssssssss.
- Brigadié, questo è gia fatto, non riesce a spiccicare parola. E dicono che non portano droga!
- Guardi che veramente lui ha un difett...
- Ah, volete renderci le cose difficili, eh? Allora perquisiamo voi e la macchina.

Mentre svuotiamo le tasche, Vipera ci guarda come convinto che l'erba noialtri si abbia veramente e che lo sappiano  tutti tranne lui. Cerco di mettermi in comunicazione telepatica con lui per dirgli d'andare a fare in culo.

- Addosso niente brigadié. Ce l'avete in macchina?
- Noooo, non c'abbiamo nienteeee.
- Guardate che se adesso ve la trovo poi sono cazzi, eh.
- Ma se vi diciamo che noi...
- Va bene l'avete voluto voi. Mi sa che stasera dormite in centrale.

Col brigadiere che ci sorveglia puntandoci il mitra, assistiamo allo sventramento dell'auto di Vipera da parte dell'altro rappresentante delle forze dell'ordine. Volano fuori tappetini, cassette, pezzi di carta, un ombrello, la biografia di Jim Morrison, le bacchette da batterista, il bloccasterzo, un poster piegato di Bon Jovi che ci fa guardare male Vipera.
Nel frattempo ci sfilano a fianco macchine su macchine e in una di queste riconosco uno dei ragazzi che ci aveva inseguito che ci mostra ridendo il dito medio.
 La devastazione dell'auto passa dagli sedili anteriori a quelli posteriori che vengono quasi sganciati.
Mentre cerco di protestare in qualche maniera vengo interrotto da un grido di trionfo proveniente da sotto un sedile.

- Aaaahaaaaaaa! Vedi che qualcosa c'era!

Ci guardiamo in faccia con espressioni interrogative mentre il carabiniere riemerge da dentro la Peugeot con uno sguardo decisamente soddisfatto.
Nella mano destra porta una bustina piena con un laccetto legato ed un talloncino su cui è scritto chiaramente :"Twinings -Earl Grey".

- Allora, non avevate niente eh? E con questa che ci facciamo?

Il genio decide di toccare ancora Vipera.

- Ssssssenzalacquacaldaniente!

La risposta di Vipera ci fa scoppiare tutti a ridere, risata a cui sorprendentemente si unisce anche il brigadiere.
- Appuntà, siete 'nu strunz. Questi non c'hann' 'nu cazz'. M'avite fatt' perdere 'nu sacc' 'e tiemp'. Scusate ragazzi, è che all'appuntato nun ce piacion' i capelloni. Appuntà, iamm' và, che me sò scassat' u cazz'.

Mentre rientrano nell'auto si sente chiaramente " V'aspettavo, lo sapevamo. Ma quanti cen'hai beccati con stu sistem',eh? Si proprio 'nu strunz'."

L'auto dei carabinieri se ne va, mentre la nostra è da rimontare. La ricomponiamo ridendo, riempiendo di pacche Vipera, grande protagonista dell'episodio. A votazione unanime decidiamo di non togliere mai la bustina di thè da dentro la macchina.

Dopo un buon venti minuti possiamo ripartire. Vipera può scegliere la musica per il ritorno, privilegio conquistato sul campo.
 Casa è vicina e ci torniamo tutti d'accordo su una cosa : fanculo Pasquetta.

"Riders on the storm. Riders on the storm. Into this house we're born. Into this world we're throw"


fin.





martedì 10 dicembre 2013

memorie dal futuro (incubo di una notte di mezz'età)





- clic -
-Marco se n'é andato e non ritorna più. Il treno delle 7 e 30 senza lui, è un cuore di metallo senza l'anima-


AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHGGHH!
DOVE SONOOOOOOO ?
CHE CI FACCIO QUIIIII?
 E ...
SOPRATTUTTO...
chi cazzo sono io?

-Buongiorno. Sono le quattro e trenta del mattino. È il 18 novembre del 2043. Lei è il signor Foco. Oggi è di primo turno in fabbrica.-

Chi...chi è che sta parlando?

- Sono Svetlana 3.1, la sua badante domotica. Programma di assistenza in corredo al suo programma di house computer.È ora che si alzi.-

- Rinchiuso in camera e non vuoi mangiare. Stringi forte a te il cuscino. Piangi e non lo sai. Quanto altro male ti farà la solitudine -

Si, mi sembra di ricordare...ma si può spegnere 'sta musica de mer...ma...ma...FERMI TUTTI! OH MAMMAMIA...NON CI CREDO...HO UN'EREZIONE! SVETLANA, SVELTA, MODALITÀ ZOZZERIE...NON POSSIAMO PERDERE TEMP...

- I sensori dicono che non si tratta di un'erezione. Come al solito lo stimolatore elettronico di vescica è entrato in conflitto con lo scaldasonno rilasciando microscariche elettriche. Glielo ripeto anche stamattina, Il MINZIOTRONIC 400 è obsoleto, consiglio ancora il nuovo modello di FALLABEN 2.0. Ripeto anche che non ho contemplata nessuna modalità zozzerie.-

Ah, quindi là sotto s'è mosso come le rane di Alessandro Volta. Breackdance post mortem indotta elettricamente...peccato.

- Non capisco. Vuole che faccia una ricerca su Google?-

Lascia perdere, vado in bagno. Dov'è che sta?

- L'ubicazione è sempre la stessa: prima porta a destra fuori dalla camera-

Va bene, ma... TOGLI 'STA CAZZO DE MUSICA DE MERDA! Ma come minchia hai scelto  questa stazione web?

- Lei ha chiesto musica rock antica. Laura Pausini è nella "hall of fame of rock" dal 2018.-

Ah... preferivo non ricordare.

Lo visione di me stesso allo specchio  olografico mi aiuta a diradare parte della nebbia che ho in testa. Ricordo chi sono adesso. Sono Foco, ho quasi settant'anni e oggi comincio la mia ultima settimana di lavoro prima della pensione.
La doccia di vapore mi sveglia definitivamente, anche se ancora non sono del tutto sicuro di tutto quello che mi aspetta durante la giornata.

- La colazione è pronta. Oggi fibre e amminoacidi. Il dispensatore di farmaci ha tarato la sua dose giornaliera, la trova nello scompartimento del crio-freezeer.-

Yelena, ma un croissant non lo posso avere?

- Il mio nome è Svetlana 3.1. No. Fibre e amminoacidi.-

Mangio la pappa insapore che trovo sul tavolo elettronico con la soddisfazione di un cesso che ingoia quello per cui è stato creato. Ho indossato la tuta blu che ho trovato pronta in bagno. Mi sta un po' stretta. Il termojacket invece è comodo e bello caldo.

Io vado Katiusha, per pranzo vorrei della carne.

- il mio nome è Svetlana 3.1. La carne non fa parte della dieta che il suo dottore mi ha inviato via e-mail. Si ricordi di impostare il percorso per la fabbrica sul navigatron dell'automobile. L'ultima volta che non l'ha fatto la polizia cittadina l'ha individuata solo grazie al microchip aziendale. Era a 72 chilometri dalla fabbrica e pretendeva di entrare per lavorare in un convento di Carmelitane.-

Ah, sto messo bene allora ehehehe. Se avessi avuto tutto a posto nelle mutande non credo avrebbero avuto da protestare.
-Non capisco. Faccio una ricerca su Google?-

Lascia stare.

Questa dovrebbe essere la mia auto. Si, me la ricordo, una FIAT " fivehundred" penultimo modello.
Il meglio della ricerca italiana nel campo delle automobili. Motore delicatissimo che va a una miscela di carbon coke e olio sfritto dei ristoranti cinesi. Inquina un po', ma il trattato mondiale di Detroit ha definitivamente sancito che non c'è nessuna correlazione tra inquinamento e cambiamenti climatici. Imposto la direzione sul navigatron e via, andiamo a lavorare.

Una settimana. Ancora un'ultima settimana e poi sarò in pensione. Non riesco a ricordarmi il giorno che sono stato assunto, ma di sicuro era tanto tempo fa. 
Una settimana e andrò a percepire un quarto di quello che prendo di stipendio adesso: 300.000 sud- euro. Il minimo indispensabile per potermi permettere due pasti al giorno e il sostentamento della casa. Mi sa che Alena sarà l'ultimo modello di house computer che potrò permettermi. 
La tanto attesa riforma delle pensioni del '27, la legge Piersilvio, ha cambiato solo il font delle e-mail di accredito e i tempi utili per riscuotere. Adesso hai una settimana, se ti presenti al servizio pensioni un giorno più tardi il diritto del mensile decade e salti un accredito. Ogni mese ci sono problemi perché qualcuno in ritardo fa casino. E spesso durante il casino qualcuno s'infarta e toglie un peso all'ente pensionistico. Vincono sempre loro.

La strada per andare al lavoro è sempre la stessa da decine di anni. Qui la montagna e la campagna hanno resistito all'urbanizzazione, ma solo perché costruire qui era molto costoso. Meglio la pianura dove c'è meno roccia. 
Mi ricordo quando trent'anni fa si potevano incontrare cinghiali e tassi. Adesso non se ne vedono più, la gente li caccia per mangiare da dopo la grande crisi economica del '24. Si sono estinte anche le volpi, nonostante siano stoppacciose.
Un momento. Quello è il camion della nettezza umana, cosa ci fa qui?

Autocomputer: rallentare.

Buongiorno, che è successo?

- Niente, il solito lavoratore che ha deciso di anticipare la pensione. Un ictus mentre andava in fabbrica. I sensori dell'auto non hanno più rilevato battito e il computer ci ha chiamati. Pare morto da un bel po', ma adesso lo portiamo allo stoccamento salme. Buona giornata.-

Grazie, buon lavoro.

Eh, buona giornata un cazzo. 'Ste cose mi mettono sempre angoscia. Vabbè, finché non stoccano te! Ho l'istinto di toccarmi sopra lo stimolatore vescicale, boh, sarà un'altra scarichetta.

Il navigatron dice che sono arrivato. Si, questa mi sembra proprio la mia fabbrica, la grande insegna rossa, gli ideogrammi cinesi alti venti metri, si, è la mia.

 Autocomputer: parcheggio.

Ventisette chilometri in quarantacinque minuti, un altro grande record! Poi dicono che gli anziani non sanno guidare! Tutto merito del cappello da guidatore. Certo sono un pazzo incosciente ad andare così veloce, ma un po' di brivido nella vita ci vuole no?

-Beep-
-Foco, matricola 13285, meccanico manutentore.-

Ah, il riconoscimento del chip aziendale. Bene, adesso so pure che mansione occupo.

-Uééé, grande Foco! Allora? Pronto per l'ultima settimana?
Oh...ciao...si,si, prontissimo. Ciao...ciao.

Ma chi cazzo era? Mai visto. Hanno fatto nuove assunzioni? È dal '19 che non assumono. E poi prendono sessantenni? Boh!? Ma chi cazzo se ne frega!

C'è la solita fila per la distribuzione di indumenti igienici contenitivi. Quando gli addetti igienici due anni fa fecero sciopero ,l'azienda fu costretta a distribuire tute nuove a quasi tutti - eheheh -Una giornata di merda! Il Liliani l'hanno dovuto lavare come un neonato, poveraccio.

-  Beeep  - Clunk  -
- Aiuto manutentore C.I.R.O.  pronto ad operare -
Oh, scatoletta, buongiorno!
- buongiorno a soreta.-

Quando ci hanno affiancato i droni è stata una bella innovazione. Il mio assomigliava al robottino di quel vecchio film di cinquant'anni fa, "Guerre spaziali"  o come cazzo si chiamava. All'inizio era una pacchia, mi aiutava nelle operazioni di manutenzione scomode, quelle che mi costringevano a chinarmi o a sdraiarmi. Poi ,dopo l'ultimo aggiornamento, le cose sono un po' peggiorate. La colpa è dell'azienda che ha acquistato programmi d'imitazione senziente a buon mercato. Al mio hanno impiantato un programma d'imitazione cerebrale basato su un ventenne napoletano stronzo.

Pronto a lavorare duro, barattolo?
- ma nun me scassà 'o cazz' vafammuocc'acchitèmmuort'-

Appunto.

La giornata passa lenta oggi, ma tanto altri sei giorni e sarà tutto riposo. Per la maggior parte del tempo sono impegnato a riparare un macchinario che non mi ricordo a che serva. Il bestione  è bello complicato, ed il fatto che ogni tanto mi dimentichi cosa sono andato a fare, certo non mi facilita le cose.
Il drone, come al solito, non mi aiuta. Se non fosse una macchina giurerei che dorma.
Il plasma da saldatura mi crea scompensi tipo lo scaldasonno, vado in bagno ogni cinque minuti.

- Foco al taglio laser longitudinale per un guasto. Foco al taglio laser longitudinale per un guasto.-

- ué. Rimbabit'.Te stann' chiamann'-
A me? Ah già...Foco sono io. Scusa pupazzo, dov'è il coso laser longitudinale?
- abbash, ropp' all'avvolgitore- 
Ah, grazie. Tu vieni?
- mango p'o cazz-

C'ho messo un po' a capire che cos'era successo, un'oretta. Un'altra ora mi ci è voluta per riparare il danno: la dentiera di Liliani incastrata nel termoriduttore. 

-Oh, Foco, ti vieni a prendere un bicchiere di cicoria calda al distributore?
Oh, Vantani. Arrivo.
C.I.R.O, finisci di montare quello stabilizzatore, io vado a prendermi una cicoria.
- machecazzomenefregammé. Ma vattinne spaccimm' -
Ecco. Vabbè, lo faccio io dopo...'attelappijànderculo.

-Oh, allora? Ultima settimana e poi via, basta fabbrica.
Eh, ce l'abbiamo fatta, alla faccia del servizio nazionale pensionistico. Tu che farai dopo?
-Beh, io intanto mi farò quell'interventino di protesi all'anca, poi penso che andrò molto in bicicletta.
Bicicletta? Vantani , pesi 123 chili!
-Eh, ma un po' di bicicletta e poi vedrai se non riaquisto la forma. Te l'ho mai detto che una volta correvo da semiprofessionista?
Vantà, io sono rincoglionito, ma in quarant'anni di lavoro assieme, me l'avrai detto un paio di volte al giorno. Non mi ricordo che ho fatto ieri, ma che correvi è impossibile che me lo scordi.
-Vabbè, via, andiamo che il turno è quasi finito. Ci vediamo domani.
Ciao Vantani.

C.I.R.O, hai finito? 
- oh oggi m'hai veramente shpaccat' 'a uallera -
Va bene, va bene, finiamo domani, rottame. Spegniti.
-vafangu...- clic -

-Aiuto manutentore C.I.R.O in spegnimento-
- clic -

La giornata è finita, adesso mi metto in fila ed esco. È stata dura. Lo è ogni giorno di più. Altri sei giorni e addio posto di merda. Sarò povero ma libero, cazzo. Libero di fare il cazzo che mi pare. Libero di essere finalmente un individuo, non più un numero su un microchip. 
Dov'è l'auto, dove cazzo l'ho messa? 
Non vedo l'ora di tornare a casa mia.
A casa mia.
Casa mia.
Casa mia...
Casa... .........
.........
.........
Ma...dove abito?
Dove sono?
E soprattutto...
Io chi cazzo sono?