domenica 19 gennaio 2014

fuga da Alprazolam







Nel duemilaqualcosa il giovane Foco era in uno strano periodo della sua vita. La diagnosi dello psicologo del servizio d'igiene mentale parlava di "depressione maggiore di secondo grado", secondo lui gli era semplicemente imploso il cervello.
Depressione. È quello stato che solamente il cinque per cento delle persone che conosci identifica come malattia, percentuale in cui puoi ritrovare i tuoi genitori e tutti quelli che ti vogliono veramente bene. Il restante novantacinque per cento è indeciso se sei un paraculo che non c'ha voglia di lavorare, un probabile tossico/alcolista, o tutte e due le cose. Di fatto non riusciva più a vivere una vita normale, non dormiva, mangiava poco e a forza e nei momenti di massimo buonumore si interrogava sui benefici che avesse potuto arrecargli l'attraversare l'autostrada bendato. La situazione si protraeva già da parecchi mesi ed il giovanotto, notando che non se ne usciva, cominciò a pensare che forse le pillole magiche che il servizio sanitario nazionale gli elargiva in maniera copiosa non bastavano. Non bastava neanche la cura omeopatica di rinforzo che si era auto prescritto , perlopiù a base di derivati naturali del luppolo e di malti vari, che, anzi, aveva avuto qualche fastidioso effetto collaterale sul parco macchine di famiglia.
Foco cominciava ad averne le palle piene di star male e subodorava una certa stanchezza anche nelle persone che aveva intorno.
Bisognava darsi una scossa, trovare una soluzione.
E al più presto. 
Si avvicinavano le feste natalizie e questo aumentava l'urgenza, una ricorrenza in cui tutti sembrano e devono trasudare pace e felicità, per un depresso è urticante come un perizoma di juta per uno che ha un herpes genitalis. 
Il pericolo incombente lo portò a partorire la più classica delle risposte: la fuga.
Scappare.
Fuggire da tutto,con la speranza ,magari, di lasciare indietro anche se stessi.
Niente di geniale come trovata, ma quando hai metà neuroni impastati di psicofarmaci e l'altra metà in pieno oktoberfest non è che ti puoi permettere di fare lo schizzinoso.
Certo la cosa andava studiata nei dettagli, non si poteva mica lasciare tutto in mano al caso.
Pochi minuti dopo aver elaborato il piano Foco era già dentro un'agenzia viaggi.

"Buongiorno, vorrei un biglietto aereo per il posto più lontano da qui"
"Salve, c'erano prima di lei almeno quattro persone"
"Scusate, faccio la fila. Bello il cane, è un Jack Russel? Scusate ancora."

Un paio d'ore dopo aver elaborato il piano Foco era ancora dentro l'agenzia viaggi.

"Adesso tocca a lei, diceva?"
"Si, ecco, vorrei un biglietto aereo per il posto più lontano da qui"
"Bene, la Nuova Zelanda...biglietto in economica di andata e ritorno...partenza prima possibile...sono 2200 euro."

La cifra purtroppo cozzava col fatto che il giovanotto aveva già sventrato un paio di carte di credito credendo che il suo stato mentale si potesse migliorare a colpi di shopping insensato ma costante.
 È incredibile come butti via i soldi quando ti ritrovi nella scatola cranica qualcosa che ha le stesse facoltà cognitive di un uno yogurt scaduto.
 Di quei momenti di pazzia spendereccia gli rimanevano un tatuaggio fatto a cazzo da un parrucchiere costato come una rata della macchina, due paia di jeans all'ultima moda che gli scoprivano il culo e gli comprimevano il pacco probabilmente impedendogli una futura paternità, una giacca di pelle tamarra ma cara come se la pelle fosse stata di triceratopo e una quantità di altre cose inutili che però lo avevano aiutato a passare dallo status di "indebitato" a quello di  "indebitato abbestia".

"Ehmm, qualcosa di meno lontano? Vorrei un posto esotico, poco battuto."
"Ci sarebbe lo Sri Lanka. 800 euro. È un'isol..."
"Perfetto, non sò neanche dove sta, lo prendo."
"È sicuro? Solo il biglietto? Magari posso trov..."
"No, va bene. Mi vede se c'è ancora credito su questa carta?"

Era fatta. Biglietto aereo per lo Sri Lanka, partenza tra capodanno e l'epifania.
Venticinque giorni lontano da tutto in un posto che neanche conosceva.
Da solo.
Probabilmente senza soldi.
Sicuramente con tutti i suoi cazzi ancora appresso.
Tutto ad un tratto il piano gli parve un po' più complicato di come gli era sembrato all'inizio.

continua?

1 commento:

  1. GRAND ARMAGNAC

    Signor Datti, è forse l'ora che io compia un gesto di riparazione, per me non meno gravoso alla coscienza di quando ammisi di fronte al genuflesso Duca (che se ne commosse, bravo figlio!, prima di chiedermi autografo con mano tremante e non certo, come me, per bourbon endovenoso!) che le mie severe ma bene intenzionate e comunque spiritosissime critiche al suo uso del bemolle nella "New Orleans Suite" erano in parte (affermo, anzi specifico, o meglio circoscrivo: in parte!) eccessive. Sì, Datti, lei è perissodattilo e leggermente nittalope, parente di antilope e semiprotozoico: sì! Ma non è privo di qualche barlume di ingegno, certo molto desultorio e incostante, certo quanto un metalmeccanico combusto, e che risibilmente si crede un fusto, può vantare: e tuttavia ingegno, non mi perito, perito come sono e come per altri versi lei mi auspica di essere, a riconoscerlo. Ne parlavo giusto ieri con Fili, in decappottabile sulla Riviera, un modello speciale con sedili in pelle di napoletano ebreo che avevo comandato alla Jaguar, or son tant'anni, grazie ai buoni uffici del comandante Kappler, squisito gentiluomo, cavaliere senza macchia o frittella qualsivoglia sul gilet, leale amico diffamato dall'ungulata e scelleratamente oscena (stavo per scrivere: oscenamente scellerata, ma un provvidenziale scrupolo di stile ha bloccato, come un crampo, la mia mano prodiga di incantesimi di prosa) stampa di sinistra di questo povero paese senza nocchiero in gran tempesta. Però, signor Datti, quei suoi insulsi disegnini che mirerebbero a definire moduli tattici per bufale incaiche, capponi argentini e rimasugli di mercato di panzoni salentini! Quei disegnini, signor Datti! Tali che ingenerosi lettori potrebbero attribuire a uno di quei sottosviluppati impuberi quali io, per cristiana misericordia e per alta giustizia, come Lei ben sa, vorrei eradicare con pratica eugenetica (orrore del Taigeto! Come accettare una soluzione cruenta a cordone tagliato! E sia che il proposito risultasse a nobile fine inteso!) che qualche maligno, il cui cerebro è delocalizzato come presto, signor Datti, sarà la sua azienda (per dinamizzare l'economia coi capitali esteri, da buon italiano io spero: un mio bisavolo materno e mirabilmente simmetrico, il Traverso Gianaldi, si illustrò eroicamente in tutte le ritirate dell'esercito savoiardo e io sono di quella pasta, signor Datti, questa se la segni!), qualche maligno, scrivevo settanta righi fa smarrito nel labirinto aureo della mia scrittura che faceva sospirare all'Indro "Così io, se di quei natali!", qualche maligno... Mi si perdoni, quell'inqualificabile sciattona della mia stagista mi ha fatto mancare l'ultima pagina di appunti... Qualche maligno... [continua]

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